domenica 27 settembre 2015

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO




GUERRE SANNITICHE 

Cara Redazione de Lo Schiaffo 321,
sono un vostro accanito lettore e dopo aver letto l’articolo di Indro Montanelli vi vorrei segnalare questa analisi approfondita della storia Caudina tratta dal sito Elevamentealcubo.it che il sottoscritto adora. Anche se oggi in pochi se ne interessano, importanza della storia di Caudium ricade sulle vostre teste. Grazie dell’attenzione, buon lavoro a voi tutti e viva Caudium.




La pace con i sanniti, ristabilita nel 341 a.c., non era destinata a durare a lungo: la politica espansionistica di Roma verso il Sud, favorita anche dal continuo clima di conflittualità tra la stessa e i popoli latini, aveva creato un  clima di preoccupazione e ostilità da parte della confederazione dei popoli del Sannio. Lo stanziamento di una colonia romana, presso Fregelle, era stato considerato dai sanniti come un atto ostile e come una aperta violazione del trattato di pace che legava Roma alla confederazione sannita.

Infatti Fregelle era stata distrutta pochi anni prima dagli stessi sanniti, che l'avevano strappata ai Volsci; inoltre la città si trovava a sud del fiume Liri, in quella che i sanniti consideravano la loro area d'influenza. Ma l'episodio chiave che trasformò l'ostilità e la diffidenza in uno scontro difficilmente sanabile, fu quello connesso con la città di Palepoli (secondo la versione di Tito Livio una città nelle vicinanze di Napoli - per altri storici si trattava proprio di Napoli) la quale era abitata dal popolo di Cuma, di origine greca. I Cumani commisero una serie di atti ostili contro cittadini romani che abitavano nel territorio della Campania. Questi atti avevano provocato la reazione dei romani, i quali avevano inviato le proprie truppe ad assediare Palepoli, sotto la guida del console Quinto Publicio. Ma mentre le truppe si acquartieravano fuori città, i Palepolani accoglievano entro le mura, 4000 soldati sannitici.
Si tentò allora una nuova mediazione tra romani e sanniti, ma la stessa si rilevò impossibile visto che proprio i sanniti indicarono con decisione la guerra come unica soluzione praticabile per derimere il conflitto tra i due popoli.


Era il 327 a.C., appena 14 anni dopo il trattato di pace tra i due popoli, un periodo che i romani avevano speso in una miriade di guerre, mentre i sanniti avevano utilizzato per rinforzarsi e prepararsi ad uno scontro che ritenevano inevitabile. La guerra sembrò volgere a favore dei romani, la stessa Palepoli venne conquistata dall'esercito "Quirito", anche grazie al tradimento degli abitanti della città, che non vedevano di buon occhio la presenza dei sanniti, i quali più che da alleati, sembravano comportarsi come una truppa di occupazione. Lo scontro diretto tra i due popoli, condotto dal dittatore Lucio Papirio Cursore, fu caratterizzato da continue vittorie, tanto da costringere i sanniti a richiedere formalmente ai romani un nuovo trattato di pace o comunque una tregua di un anno. Ma i romani, ormai convinti della loro superiorità, rifiutarono le proposte e, dopo aver concesso il trionfo al dittatore, si accinsero a sferrare il colpo finale. Nella conduzione della guerra, il dittatore si era trovato a dover fronteggiare un episodio di insubordinazione da parte del suo maestro di cavalleria Quinto Fabio Massimo Rullano, il quale aveva ignorato l'ordine di evitare la battaglia con il nemico e si era reso protagonista di una serie di vittorie in campo aperto.

L'episodio assomigliava a quello che aveva visto protagonista il console Tito Manlio Torquato, il quale aveva fatto giustiziare il proprio figlio perché aveva disubbidito all'ordine di evitare di scontrarsi con il nemico.
Stavolta però il "colpevole" era stato difeso dalle popolazione, che vedeva in lui un eroe militare, e quindi Lucio Papirio era stato costretto a perdonarlo. Il concetto di disciplina militare, tanto caro ai romani, in questo caso aveva ceduto il passo ai sentimenti popolari.
Rifiutata la pace proposta dai Sanniti, nel 321 a.C., le truppe romane si recarono nel Sannio, sotto la guida dei consoli Tito Veturio Calvino e Spurio Postumio, decise a chiudere definitivamente la partita, accampandosi presso Calazia. I sanniti si erano invece affidati ad un nuovo comandante: Caio Ponzio. Fu proprio lui ad ideare lo stratagemma che riportò le sorti delle guerra decisamente a favore del popolo sannitico. Mandò infatti dieci soldati travestiti da pastori presso l'accampamento romano, avvisando gli ignari comandanti del fatto che l'esercito sannitico si era spinto in Apulia dove aveva sferrato l'attacco alla città di Luceria, la quale era alleata di Roma.



L'esercito "Quirito" si mosse immediatamente verso l'Apulia, attraversando le Forche Caudine, una stretta gola nei pressi della città di Caudium, la cui uscita era stata sbarrata da montagne di massi. Compreso l'inganno, i romani cercarono di tornare indietro, ma nel frattempo, i sanniti avevano chiuso anche l'altro accesso alla gola, così che l'esercito romano era rimasto senza alcuna via di uscita.

Mentre riflettevano su come gestire questa situazione di grande vantaggio, i sanniti ignorarono il consiglio di Erennio, padre di Caio Ponzio, il quale suggeriva di scegliere una tra queste due soluzioni: lo sterminio dell'esercito romano, che avrebbe portato alla sconfitta definitiva di Roma, oppure la sua liberazione senza condizioni, che avrebbe sancito una pace stabile tra i due popoli. Qualsiasi scelta intermedia, avrebbe finito per rafforzare comunque Roma, instillando nel suo popolo un desiderio di vendetta che non si sarebbe placato, fino alla sconfitta definitiva della confederazione sannitica.
Caio Ponzio, ignorò il suggerimento del padre, scegliendo forse la peggiore delle soluzioni e cioè quella di liberare i soldati imprigionati, sottoponendoli però ad una pesante umiliazione: quella di passare nudi sotto il "giogo" costituito dalle lance dei soldati sanniti. Gli stessi resero ancora più dura l'umiliazione, coprendo di scherno ed ingiurie le truppe ed i comandanti romani.

A questo si aggiungevano le pesanti condizioni imposte a Roma, come il ritiro dalle colonie del sud, il rispetto delle quali veniva garantito dalla consegna, come ostaggi, di seicento cavalieri, i quali furono trasferiti in Apulia, proprio nella città di Luceria.
I consoli ed i soldati liberati tornarono nella loro città in uno stato di profonda prostrazione e umiliazione che aveva comunque contagiato tutto il popolo Quirito.
Una volta nominati i nuovi consoli, Spurio Postumio, considerato il vero responsabile della resa ignominiosa, venne chiamato a rispondere davanti al popolo del suo vile comportamento e fu lui stesso ad attribuirsi la responsabilità di quanto successo, arringando i romani a non rispettare l'accordo da lui preso con i sanniti, perché preso senza il consenso del popolo romano. Quindi, esortava i "Quiriti" a consegnare sia lui che il suo collega Tito Veturio al popolo sannitico ed a riprendere la guerra.
Infatti il loro sacrificio avrebbe liberato Roma dall'impegno preso con la resa delle Forche Caudine. Con questo atteggiamento orgoglioso, Spurio Postumio, si trasformava agli occhi del popolo romano, da vile traditore ad eroe. Inoltre Spurio si rese protagonista di un episodio che rafforzò ancora di più la sua rinnovata immagine di eroe: al momento della consegna ai sanniti, di fronte al loro capo Caio Ponzio, Spurio Postumio si girò e colpì con un calcio il feziale (ambasciatore romano la cui figura era considerata sacra) affermando di essere diventato sannita e che quindi con la sua offesa nei confronti dell'ambasciatore romano, giustificava la ripresa della guerra.



E la guerra riprese sotto la guida dei consoli Quinto Publilio Filone e Lucio Papirio Cursore, i quali si posero al comando delle truppe romane che si dimostrarono particolarmente motivate a vendicare l'onta subita: la previsione del vecchio Erennio, si rilevava drammaticamente esatta. Dopo aver facilmente sbaragliato le truppe nemiche nel Sannio e aver conquistato Caudium, le truppe romane si concentrarono su Luceria, nell'Apulia, dove erano detenuti i 600 ostaggi. Luceria venne conquistata, gli ostaggi liberati e i sanniti, con i loro capi in testa, costretti a passare sotto il giogo dei romani. Ma la guerra continuò ancora, e i romani dovettero preoccuparsi delle ribellioni di altri popoli, come quella dei Campani presso Terracina e degli Etruschi che attaccarono Sutri, ribellioni che i romani repressero con forza.
Altre città fecero le spese della determinazione dell'esercito romano tra le quali: Sora, Arpino, Cesennia, Fregelle, Nola, Atina, Calazia. Roma colonizzò Suessa e Pomezia, rafforzando la sua penetrazione verso il sud. La guerra si concluse dopo la definitiva conquista di Boviano, e i sanniti furono costretti a chiedere nuovamente la pace. La sconfitta definitiva dei sanniti viene attribuita ai consoli Lucio Postumio e Tito Minucio, anche se alcune fonti sostengono che la conquista di Boviano fu in effetti merito di Marco Fulvio che avrebbe sostituito Tito Minucio morto in battaglia.

Era il 304 a.C. e dopo più di 20 anni si concludeva la seconda guerra sannitica.

Scritto da Pasquale Tirino

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